È una storia che lascia a bocca aperta. Occhi pieni di meraviglia perché l’uomo ce l’ha fatta, a realizzare il suo sogno più grande, a “fermare ciò che sparisce nell’aria, ossia i movimenti, il tempo. Ci prova sin dalle pitture rupestri, ma ci riesce solo a fine Ottocento, con la più grande rivoluzione dell’umanità dopo la ruota: il cinema”.
È una storia che serve per ricordarsi che cosa accade com’è quando si ama davvero il cinema, tanto “da sospettare che la vita reale sia solo un intermezzo banale. È un pericolo meraviglioso che corrono quelli a cui piace il cinema. Quelli che vivono per l’attimo in cui, in L’Atalante di Jean Vigo, il protagonista si tuffa nel fiume e rivede la moglie”.
È una storia che inizia ad aprile, presso la Scuola di Cinema Immagina. Ed essendo un racconto, tutto sta nel come viene raccontato. E da chi. Abbiamo intervistato il critico cinematografico Giovanni Bogani che scrive per La Nazione, ha collaborato con riviste cinematografiche del calibro di Variety, scritto manuali di cinema e intervistato attori e registi quali Steven Spielberg, Sharon Stone, Claudia Cardinale e Mario Monicelli e collabora con la rubrica televisiva di Raiuno “Cinematografo”, condotta da Gigi Marzullo. Bogani presta voce e competenza a questo corso di storia del cinema composto da “milioni di fotogrammi che vorrei far conoscere: da quelli dei film più personali a quelli dei film più famosi. Come certi sguardi di Bogart, che non ti fanno più cambiare canale”.
È una storia che parla di “un organismo vivente che si evolve e cresce. Si pensa che serie tv o film digitali siano un’altra cosa rispetto al cinema delle origini, ma non è così. L’evoluzione riguarda solo i supporti materiali – il digitale al posto della pellicola. E gli effetti speciali. Certo è cambiata la velocità di alternanza delle inquadrature, “ma il modo di inquadrare, i piani, il modo di inserire i corpi e i volti nel rettangolo del fotogramma, i movimenti dello sguardo restituiti dal cinema seguono ancora le stesse leggi dei film del 1916. La lingua che il cinema parla è la stessa. La lingua di Breaking Bad, Twin Peaks, qualsiasi serie tv di Netflix, i film di Lars Vor Trier, di Sorrentino o Verdone è la stessa identica lingua dei grandi della storia del cinema, di Charlie Chaplin e Buster Keaton”.
È una storia tutta da ascoltare e guardare “per sentirsi meravigliati e inquieti come gli spettatori del 1895 che scappano dalla prima fila vedendo arrivare il treno dallo schermo; per trovarsi di fronte alle dive italiane del muto; per scoprire come Mussolini imitasse i ‘forzuti’ del cinema o come Vittorio De Sica fosse un attore più divertente del figlio; per capire quanto fossero diverse le strade tracciate da Antonioni e Fellini; per ritrovare la forza esplosiva di un cinema fatto da ragazzi di vent’anni, quelli della Nouvelle Vague, che imparavano a raccontare il mondo in un modo molto più libero. E infine per scoprire che il presente non è solo Hollywood, ma anche Cina, Iran, Danimarca, Corea”.
È una storia raccontata in otto incontri. Per tutti quelli che vogliono fare il cinema, studenti di regia, sceneggiatura, doppiaggio, recitazione, per tutti coloro che amano ritrovarsi affascinati “dal coraggio dell’uomo che sperimenta e cerca di andare oltre il confine del già visto, dalla bellezza straordinaria dei volti delle grandi attrici, dalle realtà del secolo catturate per i nostri occhi di oggi dai registi di ieri. Perché alla base del linguaggio del cinema c’è da sempre lo sguardo umano”.
È la storia delle emozioni umane, che, da sempre, il cinema cerca di raccontare, di catturare, di esplorare. Riuscendo a restituirle, a noi spettatori, a distanza di anni e di migliaia di chilometri. Attraversare la storia del cinema non è un esercizio nostalgico; è attraversare un paese immenso fatto di volti, di storie, di emozioni, di luoghi, di paesaggi della Terra e di paesaggi dell’anima”, dice Bogani, che accompagnerà il suo racconto con centinaia di brevi clip da tutti i film più interessanti della storia del cinema.
Il treno parte il 3 aprile. Non vorremo mica perderlo!
Chiara Ottanelli