– Lei è Carlo?
– Sì, ma non quello che lei cerca, lei cerca Carlo Rambaldi.
– So che state costruendo King Kong.
– Sì, ma è un segreto.
– Lo so, ma vorrei incontrarvi lo stesso.
– Sì, ma…
– Sì, ma sono Steven.
“Qualche tempo dopo, uscii dalla limousine che mi aveva atteso all’aeroporto di Los Angeles e guardai Steven Spielberg aprire la valigia che avevo stretto a me per tutto il viaggio. A quel punto fu lui a guardare me e disse: era proprio come me lo immaginavo. Era il 1977. Insieme a Carlo Rambaldi – tre volte premio Oscar per gli effetti speciali, di cui il primo proprio per King Kong – avevamo realizzato il primo E.T., quello di Incontri ravvicinati del terzo tipo, quello che saluta Richard Dreyfuss.”
Carlo Quinterio, classe 44, ha vissuto la magia degli studios cinematografici. Anzi, ha contribuito a crearla. Quando ricevette la telefonata di Spielberg era proprio sul set di King Kong, prodotto da Dino DeLaurentiis, tra gomme, dentina (pasta per protesi dentarie), pelli d’orso e facce muscolari. Il suo lavoro era quello di coordinare tutte le leve che, mosse da mani umane, avrebbero dato forma alle espressioni di Kong. Espressioni incredibilmente vicine a quelle di una vera scimmia. Animatronica. Qualcosa che è difficile immaginare nel mondo digitale contemporaneo, ma che fa riflettere sui capolavori che lo hanno preceduto e che non sono stati eguagliati – King Kong 2 del 1986 ebbe molto meno successo di pubblico e critica.
Fiorentino per nascita e per orgoglio, a 25 anni Quinterio se ne andò a Hollywood per intraprendere la carriera di cineasta ed è stato assistente regista alla Paramount, collaborando in produzioni come Taxi, Mork e Mindy e La Famiglia Keaton. “Era incredibile, dopo un mese incontravo John Wayne e Katharine Hepburn. Per farmi conoscere, feci un programma televisivo in italiano per gli italo-americani di Los Angeles, Italia75. A Hollywood c’è spirito di corpo, non pettegolezzi, chiacchiere, raccomandazioni; lì in 24 ore vieni sostituito se non fai il tuo lavoro, qui… Basta darsi per malati. E le competenze non sfruttate sono il grande dramma dell’Italia”.
Quinterio conosce anche l’Italia del cinema. Quando tornò da Hollywood, si occupò di coordinare diverse produzioni italiane e americane di successo e ricevette un’altra chiamata, stavolta di Pippo Zeffirelli Pisciotto, per coordinare le riprese a Firenze di Camera con vista del 1986, film che ricevette tre Oscar: miglior sceneggiatura non originale, miglior scenografia, migliori costumi. “Nella mia carriera cinematografica sono stato coordinatore delle riprese di Venti di guerra – Winds of War (1981) – ricostruimmo un palio con 800 comparse con costumi degli anni ’40 – mentre come regista ho diretto Sindrome Veneziana (1991) ambientato a Firenze e Venezia e Night Train to Venice (1993) con Hugh Grant, Malcom McDowell e Tahnee Welch, film che unisce Monaco di Baviera e Venezia attraverso un viaggio notturno sull’Orient Expresse. Ho prodotto, con il finanziamento del Ministero dei Beni Culturali, il film Pontormo – un amore eretico, con Joe Mantegna, Laurent Terzieff e Galatea Ranzi. E adesso… Posso raccontare la vera storia”.
Più che una sola storia, Quinterio ne può raccontare a decine e nessuna scontata. La sua ultima fatica è il documentario Hollywood in musica, sulla nascita di Hollywood, del musical e del burlesque. Non basterebbero ore per sviscerare l’argomento, ma Quinterio è fedele ai tempi rapidi americani e racconta “senza allungare il brodo”. Dalla vera storia di Hollywoodland, il pezzo di terra che poi è diventato Hollywood, dove i vetri delle serre venivano usati per direzionare la luce del sole e incidere la pellicola, agli albori del burlesque – quello vero, nato a New York nel 1866, che pare non aver nulla a che fare con la versione commerciale contemporanea, alla costruzione degli studi MGM. “Pezzi di storia che pochi conoscono, filmati, reperti elaborati insieme al mio collaboratore, operatore e montatore di sempre, Stefano Barbieri. La sua è una famiglia di tradizione di cinema, il nonno aprì il primo cinema in Vaticano”.
Quinterio narra senza freni, librando qua e là qualche svelto dettaglio incredibile che cerchi di afferrare con gli occhi senza perdere il filo del discorso. C’è da sperare che, il giorno della proiezione di Hollywood in musica, 25 minuti nel rispetto dei tempi rapidi americani, Quinterio si dilunghi in qualche racconto e che magari mostri qualche spezzone fuori programma.
Chiara Ottanelli